L’arte rupestre in Valtellina

 

Sparse in diverse zone del territorio ci sono testimonianze di arte rupestre risalente anche al tardo neolitico. Il cuore dei segni e delle figure su pietra è Grosio, piccolo comune tra Tirano e Bormio, dove nel 1978 è stato istituito il Parco delle incisioni rupestri

Non solo sport, natura, acque termali, buon vino e ottimo cibo. La Valtellina è anche uno scrigno d’arte, fin dai tempi preistorici. In diverse zone del territorio alpino lombardo si trovano infatti incisioni su pietra risalenti a millenni prima di Cristo. E non è un caso che la Valtellina si trovi, seppure sia separata dai monti, proprio dirimpetto alla più famosa, in quanto a figure sulla pietra, Valcamonica, patrimonio mondiale dell’Unesco.

Nella regione geografica corrispondente al bacino idrico dell’Adda a monte del lago di Como la figurazione su roccia si trova qua e là in maniera sporadica: a Grosio e nell’adiacente Grosotto, appunto, ma anche a Teglio, a Tresivio, a Castione Andevenno, al Dosso Grumello a Montagna e alla Sassella di Sondrio.

Il Parco delle incisioni rupestri di Grosio e Grosotto

A Grosio, alle pendici meridionali del monte Storile, vi è la maggior concentrazione di petroglifi che affiorano a migliaia nell’area sovrastante il moderno centro abitato. I visitatori possono ammirare figure astratte, segni geometrici, coppelle (incavi emisferici), donne e uomini immortalati nelle diverse attività: alcuni ad esempio sono intenti a pregare, altri a cacciare. Ci sono poi giovani raffigurati impegnati nei riti di passaggio all’età adulta ma anche animali come capre, cinghiali, stambecchi e cavalli, oltre a oggetti di uso comune.

Fulcro del Parco delle incisioni rupestri di Grosio e Grosotto, istituito nel 1978, è la Rupe Magna, un imponente affioramento roccioso a dorso di balena, modellato dai ghiacciai. Lunga 84 metri, è una delle più grandi rocce incise dell’arco alpino. Su di essa sono state realizzate più di 5.000 incisioni risalenti ad un periodo compreso tra la fine del Neolitico (IV millennio a.C.) e l’età del Ferro (I millennio a.C.).

A dare il nome all’enorme roccia è stato Davide Pace, professore milanese e archeologo che dedicò la vita ai segni e alle figure di Grosio e che nel 1966 diede avvio alle prime ricerche. Nell’Antiquarium della Ca’ del Cap è allestita un’esposizione che illustra i risultati degli scavi archeologici condotti sul Dosso dei Castelli e sul vicino Dosso Giroldo, dove si estendevano due insediamenti protostorici (XVI-II/I sec. a.C.).

I castelli medievali

Di guardia alle incisioni e a tutta la vallata, tra terrazzamenti, muretti a secco e castagni centenari, sul Dosso dei Castelli sorgono poi i resti di due imponenti fortificazioni medievali: il castello vecchio o di san Faustino, risalente al X –XI secolo d.C., e il castello nuovo o visconteo del XIV secolo. Entrambi erano situati in posizione strategica: da un’altura controllavano le valli e i principali accessi all’alta Valtellina.

Mariagiulia Porrello