LA CULTURA COME SINONIMO DI LIBERTA’

  

    Euripide, poeta tragico greco, affermava: “chi trascura di imparare nella giovinezza perde il passato ed è morto per il futuro”.

In una società in cui si lamenta continuamente l’assenza di meritocrazia nella scuola prima e nel lavoro poi, cosa dovrebbe spingere un giovane d’oggi a studiare?

Di questi tempi, intorno a questa domanda potremmo davvero parlare per ore, disquisire su cosa è giusto e su cosa è sbagliato.

Disquisire sulle responsabilità degli uni e degli altri, sulla solidità o meno delle istituzioni al giorno d’oggi…senza arrivare mai ad un punto di incontro, senza centrare mai l’esatto punto di vista dal quale osservare, riflettere e grazie al quale poter davvero comprendere la risposta a quella domanda.

E’ tutto sbagliato, sin dal principio.

Le famiglie, la scuola, la società, le istituzioni in genere, oggi insegnano ai ragazzi che studiare è importante, che eleva nel futuro la propria posizione sociale, che studiare ci aiuta a non essere sempre gli ultimi nella vita.

Ci si dimena, tra una discussione e l’altra, per i voti che si assegnano a scuola, tra genitori poco disposti al confronto e insegnanti troppo pieni di sé.

Ci si dimena tra le ingiustizie di una giungla chiamata società che manda in onda alla tv fiction sulle famiglie perfette dove alla fine il giusto trionfa sempre e dove, quando non è il giusto a trionfare, tutti, attori e spettatori, si mostrano indegni di fronte a quell’ingiustizia, affrontandola però sempre con un forte senso di civiltà.

La stessa società che, subito dopo la fiction, manda in onda in tv le sedute dei nostri parlamentari dove, a dirla tutta, di civile c’è ben poco.

E’ in questo clima che si vuole trasmettere ai ragazzi l’amore per lo studio quando questo concetto è assolutamente inesistente.

Lo studio è puro sacrificio, è fatto di rinunce, di pazienza.

Se invece si insegnasse ai giovani d’oggi che quello che devono imparare è l’amore per il sapere, d’un tratto tutto cambia.

Il sapere va oltre le istituzioni,va oltre la scuola,oltre la famiglia,oltre i dogmi e gli schemi di questa società che di tale ha ben poco.

Seneca, drammaturgo, poeta e politico romano, affermava: “sii servo del sapere,se vuoi essere veramente libero”.

Il sapere, dice Einstein, è un’eredità e non va assolutamente perduta o impoverita perché sono proprio gli sforzi che abbiamo fatto e le conoscenze che abbiamo acquisito nel tempo a renderci immortali.

Secondo la teoria della lanterninosofia, espressa sia da Luigi Pirandello che da Italo Svevo, il buio attorno a noi rappresenta tutto quello che ancora non sappiamo e, essendo la conoscenza infinita, quel buio non avrà mai fine.

Ognuno di noi è lì, in mezzo a quel buio con la sua piccola lanterna che diventa sempre più grande e fa sempre più luce man mano che impariamo qualcosa di nuovo.

Ai nostri occhi, la luce aumenta attorno a noi e noi comprendiamo sempre più quanto immenso sia il buio.

E’ da qui che possiamo imparare ad amare il sapere.

Il sapere e la conoscenza hanno alla base il sacrificio, cioè lo studio e non hanno come limite l’ignoranza, come ci hanno insegnato, perché quest’ultima è un vuoto che il sapere può colmare.

Il vero limite della conoscenza è la superficialità.

Silvio Pellico, patriota, scrittore e poeta italiano, ha detto: “tutto ciò che impari, t’applica a impararlo con quanta più profondità è possibile.

Gli studi superficiali producono troppo spesso uomini mediocri e presuntuosi”.

Sappiamo di poter apprendere all’infinito e che per farlo davvero c’è bisogno di affrontare il sacrificio dello studio ma sappiamo anche che il sapere è la più alta forma di libertà perché ci permette di scegliere e di confrontarci senza dipendere mai dagli altri.

Per arrivare alla vera libertà, che è poi quella di cui abbiamo appena parlato è necessario partire da due parole chiave: stimolo e curiosità.

Gli stimoli suscitano curiosità, il sapere “sazia” quella curiosità rendendoci più consapevoli e quindi liberi.

E’ necessario riflettere su quanto siamo davvero liberi.

E riflettere su quello che altri, altri che hanno compiuto il sacrificio dello studio prima di noi, altri che hanno amato prima di noi il sapere,hanno detto.

L’autore Alessandro Morandotti ha affermato: “il dubbio è il lievito della conoscenza”.

È per questo che dobbiamo continuamente cogliere gli stimoli che abbiamo e saziare la curiosità che da essi sentiamo.

Il dubbio ci fa porre sempre nuove domande e quello che impariamo dobbiamo farlo nostro e utilizzarlo perché è necessario saper utilizzare ciò che si sa.

Goethe, drammaturgo,poeta,teologo,saggista,scrittore,umanologo,scienziato,filosofo,critico d’arte e critico musicale tedesco, ha affermato: “non si possiede ciò che non si comprende”.

Questo credo è l’ultimo segreto che mancava di svelare per capire come essere davvero liberi.

Possedere ciò che si impara.


di Maria Luisa Lavorgna