Scoperto il gene che causa la perdita dell'udito

 

 

saniNews - Un gruppo di studiosi della Harvard Medical School ha scoperto come risolvere il problema della perdita dell’udito durante la vecchiaia.

Cancellando un gene specifico è possibile innescare la proliferazione di nuove cellule dell’orecchio, la cui perdita è la causa più comune di riduzione dell’udito.

 

Normalmente le 50.000 cellule del canale coclearie elaborano il suono dalle vibrazioni generate dalle onde sonore, attivando impulsi nervosi che dalla regione uditiva raggiungono il cervello per essere elaborati.

Quando, con l’avanzare dell’età, le cellule smettono di rigenerarsi, l’udito diminuisce progressivamente.

 

La causa, individuata dagli scienziati analizzando l’attività delle cellule uditive durante lo sviluppo embrionale,è l’azione inibitrice di una proteina prodotta da un gene specifico, il retinoblastoma.

 

Dopo l’identificazione del gene e numerosi test di laboratorio sui topi, ora si ha la conferma che, eliminandolo, la riproduzione cellulare continua anche in età avanzata.

Questa scoperta apre nuovi orizzonti per il controllo del meccanismo dell’udito, e per il futuro della ricreazione genetica delle cellule perdute

 

Ipertesi in aumento: nel 2025 saranno uno su tre

saniNews - La Tulane University School of Public Health and Tropical Medicine di New Orleans lancia l'allarme: tra vent'anni un individuo su tre soffrirà di ipertensione, e nel mondo la quota degli ipertesi crescerà del 60%, superando il miliardo e mezzo.

 

Questi i risultati di uno studio sulla malattia, che è una delle cause principali di morte. Si prevede che la malattia aumenterà del 24% nei paesi ricchi e dell'80% in quelli in via di sviluppo: 3 casi su 4 di riguarderanno quindi il Sud del mondo.

Fonte: Ansa

 

Aggressività e impazienza aumentano il rischio di infarto

Nella medicina cinese tradizionale, la personalità è considerate un aspetto importantissimo per la diagnosi e la cura delle malattie: esistono 5 diverse categorie di personalità, sulla base delle quali si approntano le terapie.

La medicina occidentale, pur possedendo un approccio molto diverso alle patologie, guarda ora con interesse a questa teoria.

«Alcune caratteristiche della personalità>, spiega Richard Sloan, psichiatra del New York State Psychiatric Institute e direttore del Behavioral Medicine Program al Columbia University Medical Center, «sono collegate all'aumento del rischio di disturbi cardiaci. L’ostilità, l’aggressività, una personalità che si infiamma facilmente, sono tratti che sembrano favorire l’insorgere di patologie come l’infarto cardiaco.

A conferma di questo, il cardiologo Dan Fisher spiega che «alcuni fattori della personalità, in particolare l’ansietà e l’impazienza, possono condizionare la chimica corporea, aumentando il rischio di disturbi cardiaci».

L’ipotesi è stata confermata nel 2003 da uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association, secondo cui gli uomini più soggetti all’ipertensione erano quelli più ansiosi e nervosi.

Resta però un dubbio: se fossero proprio i problemi cardiaci a influenzare la personalità, aumentando l’aggressività? Per avere una risposta certa bisognerà attendere il risultato di indagini ad hoc.

di Silvia Nava